Ogni anno l’Unione Europea pubblica un’accurata ricerca sull’avanzamento tecnologico nei paesi membri. Il “Digital Economy and Society Index (DESI)” vuole essere uno strumento per guidare gli stati ad agire sulle aree più critiche per il loro sviluppo e guidare la formazione digitale come delineato nel Digital Decade Compass 2030. Le quattro aree principali sono lo sviluppo del capitale umano (la formazione nel settore delle tecnologie digitale), il miglioramento della connettività, l’integrazione delle tecnologie digitali e l’aggiornamento dei servizi pubblici in chiave digitale.
In questo indice, nel 2021, l’Italia è sotto la media europea per prestazioni digitali complessive e progressi nella competitività digitale, ma soprattutto, cosa ben peggiore è tra gli ultimi in Europa per capacità del capitale umano nel settore digitale. Meno del 40% della popolazione ha competenze basiche nell’utilizzo di internet e delle reti e solo il 15% circa della popolazione possiede competenze tecniche e professionali del settore. Sempre nel nostro paese solo il 15% delle aziende investe nella formazione di personale tecnico informatico e solo l’1% degli italiani ha un titolo di studio legato all’ICT: i peggiori in assoluto in Europa per un settore così fondamentale per il nostro futuro!
Il futuro del lavoro è nella formazione digitale – The Digital Economy and Society Index (DESI) 2021
Come procede la formazione digitale nelle aziende?
Visti i numeri del DESI, non stupisce che il 25% dei fondi del Pnrr (circa 50 milioni di euro) saranno destinati alla digitalizzazione. L’urgenza di questi investimenti emerge anche da un interessante articolo sul Sole 24 ore di Gianni Rusconi intitolato “Digitale sconosciuto: a manager e broker assicurativi servono nuove competenze”. Nel dettaglio, Rusconi circoscrive la sua analisi all’ambito degli impiegati assicurativi, 400.000 addetti e 7% del Pil italiano. Nel settore, il 71% dei lavoratori denuncia mancanze in termini di competenze tecnologiche e digitali, il 39% ritiene di non essere in grado di usare al meglio gli strumenti di base come la mail e il 65% ammette di non conoscere il significato di tecnologie cardine della rivoluzione digitale come l’internet of things o il machine learning.
E’ evidente che questi dati sono lo specchio di un problema che va oltre il solo ambito delle aziende assicurative, ma rimanda a una situazione diffusa in molti ambiti lavorativi. Dietro a questo ritardo c’è un problema di formazione che riguarda dipendenti, professionisti e tutta la classe manageriale. La consapevolezza di questo mismacth di competenze rispetto alle esigenze del mercato deve portarci ad agire con l’obiettivo di anticipare gli effetti che l’innovazione tecnologia avrà sugli attuali livelli di occupazione.
Gli strumenti per accedere alla formazione e alla formazione digitale non mancano, basta pensare ai molti fondi nazionali ed europei che concedono finanziamenti per lo sviluppo delle risorse umane, come Fonarcom e i suoi sistemi di imprese oppure il fondo Anpal per le nuove competenze creato proprio per supportare le aziende in questi anni di pandemia. Abbiamo però l’intelligenza, la prontezza e la tenacia di trasformare il paese per adeguarci al nuovo secolo? Il continuo aggiornamento delle competenze renderebbe i lavoratori più proattivi rispetto al mercato del lavoro, rilancerebbe l’innovazione, potrebbe rendere trainante l’economia del paese, invece che fanalino di coda delle potenze modiali. Tanta formazione può anche essere fatto in modo individuale, approcciandosi agli strumenti e magari anche ai software più utili nel lavoro.
Come può essere la formazione digitale per chi cerca lavoro?
L’acquisizione di nuove competenze di formazione digitale non riguarda solo i lavoratori già impiegati, ma soprattutto chi cerca di entrare o rientrare nel mondo del lavoro. Uno degli skill gap più importanti di questi ultimi decenni che sia le istituzioni, che le singole persone, hanno gestito malamente, è stato proprio il passaggio all’automazione digitale portata dai pc e dalla rete.
Per le persone disoccupate, che magari non avrebbero neanche le risorse economiche necessarie per pagare la loro formazione, le iniziative pubbliche non mancano. Unione Europea, Repubblica Italiana e le diverse regioni, molti fondi per la formazione delle persone, hanno finanziato diversi programmi negli anni: Dote Unica, Garanzia Giovani, Assegno per il lavoro, formazione professionale Forma.Temp e tanti altri progetti…
Proprio nel 2022 partirà il programma GOL, Garanzia Occupabilità dei Lavoratori, finanziato grazie al Pnrr, che punta a rilanciare le politiche attive del lavoro e mette al centro la formazione. Un progetto ambizioso che punta a coinvolgere una platea di almeno 3 milioni di persone entro il 2025 con uno stanziamento di 4,4 miliardi. La riforma delle politiche attive del lavoro attraverso il GOL si pone l’obiettivo ambizioso di formare e reinserire nel mondo del lavoro moltissime persone.
Il GOL prevede, in base allo status lavorativo, quattro percorsi di formazione che aiuteranno i soggetti interessanti a trovare un nuovo impiego, più un quinto riservato esclusivamente alla ricollocazione collettiva in casi di crisi aziendali:
- per chi è più facilmente occupabile è previsto un percorso lineare di reinserimento lavorativo;
- per chi ha bisogno di adeguare le proprie competenze c’è un percorso di aggiornamento ‘upskilling’, che prevede interventi formativi prevalentemente di breve durata e dal contenuto professionalizzante;
- per chi è più distante dal mercato del lavoro verrà avviato un percorso di riqualificazione ‘reskilling’, che si traduce in una robusta attività di formazione, con un focus a quelli che sono i profili più richiesti;
- per i casi più complessi, si andrà ad attivare il percorso di lavoro e inclusione, che fa leva sulla collaborazione con la rete dei servizi territoriali, come quelli educativi, sociali, sanitari, di conciliazione.
- ricollocazione collettiva per le crisi aziendali.
Percorsi del programma GOL. Fonte lavoro.gov.it
Dobbiamo iniziare ad immaginare un mondo futuro, magari neache tanto lontano, in cui nuove tecnologie che abbiamo iniziato solamente ad esplorare, saranno la norma nel mondo del lavoro e fuori da esso. Veicoli a guida autonoma che cambieranno i luoghi i cui svolgeremo le nostre attività. Realtà aumentata, ologrammi, visione in 3D, nelle città e anche nelle aziende e nelle attività commerciali. Stampanti per oggetti in ogni casa che renderranno obsolte certe produzioni. Intelligenze artificiali in grado di aiutarci in certi compiti complessi e a volte di sostituire una mansione. Certo, questi esempi, forse sono solo esagerazioni. Non possiamo sapere come sarà davvero il futuro, ma possiamo imparare dal passato. Per fare un esempio, quante persone che sono entrate nel mercato del lavoro italiano negli anni ’80, potevano immaginare smartphone, social network e robot autonomi intelligenti? Quante sono rimaste fuori dal mercato del lavoro perchè non si sono aggiornate nel tempo?
Dobbiamo allenarci a stare al passo con il mondo.